Ero curiosa perché questa donna veniva descritta come uno dei colossi dell'educazione francese (l'altro è Rousseau), una che già a otto anni aveva deciso che avrebbe fatto un lavoro che non esisteva ancora: l'intermediaria fra adulti e bambini. Sosteneva che i bambini sono esseri razionali fin da quando vengono al mondo e che è importantissimo parlare con loro, dicendo sempre la verità. Oggi pare scontato, ma all'epoca in cui studiava la Dolto (siamo negli anni Trenta) non lo era poi tanto.
A metà degli anni Settanta, quando era la pediatra e psicoanalista più famosa di Francia, le fu chiesto di tenere a una trasmissione radiofonica sui problemi dei genitori con i loro bambini, senza indottrinamenti ma con la volontà di aiutarli anche a sdrammatizzare certe situazioni. Accettò a condizione di ricevere delle lettere scritte dai genitori, senza rispondere in diretta a qualsiasi domanda. "Formulare per iscritto le proprie difficoltà è già un modo per venirsi in aiuto", questo sosteneva.
Il libro "Come allevare un bambino felice" è proprio la trascrizione di queste trasmissioni radiofoniche in cui, attraverso la lettura di casi specifici la Dolto parla delle fasi di crescita che affrontano tutti i bambini, anche se ognuno a modo suo, senza termini tecnici o richiami teorici, ma con un linguaggio semplice che non dà ricette precostituite, ricordando che l'importante è sempre tradurre gli stati d'animo in dialogo.
"Credo che per una madre in difficoltà, già scrivere la lettera le permetta di prendere un po' le distanze dal suo problema: essa riflette, formula la lettera sapendo che verrà letta; la scrive dunque con tutta l'anima, se così posso dire. E io la leggo con lo stesso sentimento… Perché lei sa che il mio scopo non è quello di dare ricette, ma di riuscire a far comprendere ai genitori che essi hanno i mezzi per risolvere le loro difficoltà."Una sorta di manuale, dunque, suddiviso secondo i problemi posti dagli ascoltatori, da usare per rapide consultazioni o da leggere per intero abbandonandosi al flusso narrativo. Ce ne sono altri così?
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